Il nuovo Regolamento EU, per quanto possa essere considerato un “fastidio”, è in realtà una grande opportunità per tutti noi, in quanto nasce con l’intento di proteggere un valore sempre più centrale in tema dei diritti degli esseri umani, i nostri dati personali.

Le aziende, tutte, sono chiamate al rispetto di questo diritto e per far si che questo avvenga, in Europa è stato emanato il Regolamento 2016/679 in modo da scongiurare possibili violazioni in tema.

Il Regolamento generale sulla protezione dei dati sta dando evidenza delle sue potenzialità mediante varie azioni intentate verso le aziende che trattano Big Data e principalmente verso i colossi Americani (Google, Facebook) che spesso trattano l’argomento con più leggerezza e con un approccio molto commerciale anche per effetto di una normativa (quella Americana) che offre molta libertà alle aziende e meno nel campo della tutela dei diritti alla protezione dei dati personali.

Il caso più eclatante che ha interessato queste tematiche è senza dubbi quello di Cambridge Analytica.

Per chi non lo ricordasse, questa società, con sede a Londra è coinvolta in inchieste penali su fatti relativi alla BREXIT, la campagna elettorale 2016 di Donald Trump e altre attività di promozione politica in giro per il mondo, tutte basate su l’utilizzo di dati personali di ignari e più o meno consapevoli cittadini di questo mondo che sono stati influenzati con tecniche di persuasione psicologica basata su un sistema di personalizzazione di contenuti dati in pasto a utenti target con l’obbiettivo di portarli a raggiungere una convinzione o a compiere una precisa scelta. Per definire meglio la portata delle azioni gestite da C.A., possiamo aggiungere che in merito alla campagna 2016 di Trump, la medesima collaborava al Progetto Alamo, (società Texana che coordinava l’intero team di sviluppo della campagna) la quale ha investito in pubblicità sui social network l’astronomica somma di 94 Milioni di dollari, in parte gestiti da Cambridge Analytica.

Il caso Cambridge Analytica coinvolge vari aspetti molto interessanti perché ha mostrato i reali rischi di esposizione alla rete web senza uno strumento tutelare, le falle del sistema USA e l’efficacia del nostro strumento di protezione Europeo che ha contribuito alla causa del Prof. David Carrol (uno dei principali attori della causa contro C.A.) offrendo spunti e supporto alle richieste di chiarimenti intentate contro l’azienda Londinese.

I dati personali sono diventati il bene di ricchezza primario delle grandi aziende del mondo e se utilizzati in mancanza di precisi codici di condotta o senza la necessaria moralità possono influenzare la vita delle popolazioni mondiali. È già stato dimostrato con i recenti fatti!

Le aziende Europee, dicevamo, sono chiamate a gestire questa grande responsabilità mediante l’applicazione del GDPR ai processi di trattamento dei dati personali da esse gestite. Questo NON vuol dire accollarsi l’ennesima complicanza ma piuttosto valutare l’applicazione di sistemi sviluppati con criteri giusti e snelli che permettono di offrire le adeguate garanzie ai propri clienti garantendo in contempo un corretto utilizzo dei dati stessi che saranno necessari e funzionali al miglioramento delle performance e allo sviluppo aziendale.

Il GDPR quindi, non è un fastidioso regolamento che ha complicato la vita dei cittadini e delle aziende ma piuttosto deve essere considerato come uno strumento di tutela per le persone e un sistema di regolamentazione dei grandi volumi di dati che le aziende gestiscono giorno su giorno e che se correttamente lavorati si dimostreranno come un valido alleato alla personalizzazione e lo sviluppo di nuove opportunità legate agli effettivi bisogni dei propri clienti, il tutto nel rispetto della normativa.

 

 

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